sabato 14 luglio 2007

Canto funebre
per l’ennesimo morto ammazzato
in terra di Sicilia





Cosa pensava.
Della vita.
Mi chiedo della vita, in quel momento,
cosa lo attraversava
come lo attraversava
quest’uomo sconosciuto
- l’ennesimo disceso nel vallone -
precipitato.

Me ne parla stamane
un uomo conosciuto ieri sera
e che già sento amico
di Lercara
Friddi, “vicino Vicari…”. Mai stato.
“… e poi Roccapalumbo…”
(e mi ricorda Pasqua, dove corrono
per i saluti la Madonna gli angeli i santi...).

Mi aveva chiesto Scusi dov’è il Malox?
ieri sera
lungo il Cassaro, tornando io
dalla mia processione solitaria
appresso al carro-barca ancora spento
ancora disadorno del festino
(nella penombra un’illuminazione).
Poi lo ritrovo lì
in cerca di parole, in compagnia
dell’acqua minerale

e quella campanella ininterrotta
dimenticato allarme del comune
ora Seppe lo sa cosa diceva.

Nulla parla del tutto.
Nulla tace del tutto.

Chissà cosa pensava quel ragazzo
morto ammazzato,
quindi senza morte
senza morte, espropriato
di chi saprà mai più quale pensiero,
che punto del respiro fulminato.

“All’alba, mentre coglieva fieno…
sembra fossero incappucciati”.

Dunni nun si simina
crisci la mala erba.


Sicilia, campo
santo
pieno
di luce
di grano.

Pretendono molto qui gli dèì,
dove molti son nati
ed i mortali
sprovveduti
versano offerte all’ultimo momento.

Gettano il sangue.
Dunni nun si simina
crisci la mala erba.


Sprecano il tempo
spezzano l’ostia del sole,
con la spiga in filigrana
con la luce dell’alba.

Ora c’è un'altra anima assettata.

Siate pietosi
dite una preghiera
leggete, seminate questo seme
presso il campo,
nell’ora della luce della morte.

Era soltanto un uomo, uno dei tanti.
Ognuno è uno dei tanti.

Chissà cosa pensava
della vita.

A siminari, cogghi.
E un ti scurdari,
scippa la gramigna.

Amen.



Daniele Moretto
Palermo, 12 Luglio 2007

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